Un inferno magico
di Giulia
“E caddi come corpo morto cade”.
Mi risvegliai, avevo una sensazione strana mi sentivo diverso; aprii gli occhi, mi guardai intorno. Ero nell’Inferno, quello che io stesso avevo creato e che poco tempo prima di svenire stavo visitando. Mi spaventai, mi chiesi se ero vivo e per fortuna lo ero. Ma tutto era strano, c’erano due ragazzi davanti a me. Avevano un mantello nero e uno strano aggeggio in mano, una sorta di bastoncino di legno. Oddio! Esclamai dentro di me, una strega e uno stregone! Preso dalla paura indietreggiai fino a quando ebbi il coraggio di chiedere loro: “Chi siete voi? Che volete da me?”. Mi resi conto di non essere nel 1300 ma nel 2000! Le due anime continuavano a chiamarmi: “Harry, Harry… tutto bene?” C’era qualcosa che non capivo. Io ero Dante non Harry, e poi, che nome era Harry?.
Dissi loro: “Io sono Dante!” I due inizialmente non capirono, poi la ragazza si avvicinò a me e disse al ragazzo: “Finalmente! Eccolo, è venuto qua per aiutarci a ritrovare Harry!”, poi si rivolse a me “Ci scusi, signor Dante, l’avevamo scambiato per il nostro amico Harry. Perché, sa, al buio e con questa veste pensavamo fosse Harry che era riuscito a raggiungerci”. “Ma chi siete voi?” ribadii. Mi dissero che erano due maghi e che si chiamavano Ron ed Hermione.
Eravamo lì, alle porte; prima di entrare mi spiegarono che volevano fare un giro nell’Inferno, ma che il loro amico, Harry, preso dalla curiosità si era addentrato nell’inferno senza di loro, ed era scivolato giù, fino a Lucifero, e che proprio lui, Dante, essendo il creatore dell’inferno era l’unico che poteva aiutarli a recuperare Harry e che era stato deciso così da Silente, il preside della scuola che i due frequentavano.
Entrammo, era tutto buio, si sentivano solo il suono dell’acqua del fiume Acheronte e le grida vicine e lontane delle anime. All’improvviso i due dissero all’unisono “Lumos”. Si accese una luce. Non capii, ma poi vidi che la luce proveniva dai bastoncini che i due tenevano in mano e chiesi loro un’altra volta: “Siete degli stregoni?”. I due un po’ scocciati dalla mia domanda mi dissero: “Ma no! Signor Dante insomma… va bene che era svenuto, ma ora sta benissimo. Le abbiamo già spiegato che siamo due maghi, e quindi possiamo fare magie ed incantesimi. Facciamo parte della scuola di Hogwarts e siamo qui solo per salvare il nostro amico”.
Riconobbi subito Caronte, spiegai loro tutta la struttura dell’Inferno e che non dovevano avere paura perché a loro Caronte e il resto delle anime non avrebbero fatto niente di male.
Parlai con Caronte, gli spiegai la situazione, e poi dissi a lui e ai due ragazzi, senza farmi sentire dalle anime che avevamo intorno, che c’era un passaggio segreto che partiva dal fiume Acheronte nei pressi del secondo cerchio e giungeva direttamente sotto il lago ghiacciato.
Ci incamminammo. Spiegai ai ragazzi la legge del contrappasso; la ragazza rimase molto colpita da quello che dissi durante il percorso e non smetteva di farmi domande, era curiosa e voleva sapere nei minimi particolari ogni cosa.
Finalmente arrivammo all’inizio del passaggio segreto; Caronte prese la barca e ci fece salire tutti, i due ragazzi erano allo stesso tempo impauriti e affascinati da questa nuova avventura.
Hermione cominciò a parlare della sua vita a più non posso, per non sentire la paura, e Caronte cominciò a lamentarsi di tutte quelle chiacchiere e disse: “non c’era un’altra ragazza, magari più silenziosa, che potesse accompagnarci in questo viaggio?” Dante e Ron scoppiarono a ridere. Ron sussurrò ad Hermione: “Non te la prendere, è solo un babbano!” A sentire quella strana parola dissi: “Di cosa state blaterando? Ci state forse prendendo in giro? Cos’è un babbano?” I due risero e ci spiegarono che un babbano è un non-mago.
Finalmente arrivammo, sopra di noi il ghiaccio, faceva freddo; i due ragazzi provarono invano a chiamare Harry, e pronunciarono di nuovo quella strana parola: “Lumos”, la punta del loro bastoncino magico si accese come era successo precedentemente. Caronte si spaventò, ma questa volta ci pensai io a spiegargli che era tutto normale. I due cominciarono a puntare il loro bastoncino di legno luminoso per far sciogliere il ghiaccio.
Quando riuscirono a creare un foro nel ghiaccio abbastanza grande da poterci passare, io e i ragazzi ci passammo dentro lasciando Caronte a controllare la barca. Andai io per primo, e li avvertii che ciò che avrebbero visto sarebbe stata una figura terribile, ma che comunque non gli avrebbe fatto niente. Uscii, uscirono anche loro, mi resi conto che non si impressionarono. Chiesi loro: “non vi impressiona questa immagine?”, i due mi dissero che avevano visto di peggio, come il basilisco. In particolare Ron disse: “è paragonabile a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ahahah”. Sentimmo una voce: “Ancora con questa storia? Voldemort si può nominare!” I due esclamarono in coro: “Harry! Dove sei?”. Harry rispose: “Sono rimasto intrappolato in uno stretto passaggio”.
I due mi guardarono e mi chiesero con una espressione se avessi capito dove si trovava Harry. Dissi loro: “Si trova nel passaggio tra Purgatorio e Inferno. Ci vorrebbe una magia…” aggiunsi sorridendo. Ron tentò: “Leviosà” io chiesi: “Che cosa è Leviosà?” Hermione un po’sorridendo e un po’ innervosita: “È Leviosa non Leviosà”. E continuò rivolgendosi a me: “Ah Dante, Leviosa è un incantesimo che permette la levitazione.” Ad un certo punto mi chiesero di indicargli dove si trovava Harry, lo feci, e in quel momento Hermione pronunciò di nuovo l’incantesimo ed io rimasi stupito… vidi un ragazzo vestito come loro, con degli occhiali e una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Scese, lo riportammo sulla barca, gli raccontammo tutto e per finire Harry raccontò a me tutta la sua storia, perché aveva quella saetta in fronte e come si era cacciato dentro il passaggio fra il Purgatorio e l’Inferno. Caronte non fiatò, rimase in silenzio ad ascoltare per tutto il tragitto. Arrivammo alle porte, oramai il nostro viaggio era terminato, capii quanto ero stato fortunato ad avere fatto un’esperienza come questa. Li ringraziai, mi congratulai con loro e gli augurai buona fortuna.
“E quindi uscii a riveder le stelle”.
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