IL PURGATORIO DELL’UNIVERSO
Vi sono giorni del nostro lungo e faticoso viaggio in cui ci troviamo immersi nel tran tran quotidiano a riflettere sugli ostacoli che esso ci pone davanti e sui problemi così tormentati da sembrare proprio le acque di quel fiume fiorentino che quel 21 marzo mi trovavo a navigare.
La primavera era nell’aria, i fiori si stavano vestendo dei loro profumati petali, le rondini stanche e affaticate dal loro ritorno costeggiavano la riva occidentale del mio caro corso d’acqua sulla quale i miei occhi si perdevano in quei dolci colori che la mezza stagione aveva portato con sé e che per sempre avevano segnato il mio personale cambiamento e quello della mia vita.Tutto procedeva come da copione, il sole era alto e splendente, e io, il sontuoso e rinomato Gabriele Di Bartolomei mi impegnavo a domare lo straripante fiume Arno che mai così tanto avevo visto impazzire. Tutto d’un tratto, però, la mia attenzione fu catturata da un vecchio e tenero pescatore che mi incuriosì tanto da farmi avvicinare.
L’anziano, ormai segnato dalle rughe e dal tempo, era vecchio e scarno, ma comunque sembrava molto dolce e tenero. Aveva una lunga barba bianca, degli occhi grigio cenere e le mani erano segnate da profonde cicatrici causategli dalle pesanti reti, ormai anch’esse vecchie e abbondantemente consumate dagli anni. Data proprio l’avanzata età, se ne stava serenamente sulla sua barca, a prima vista di un legno frassino molto leggero, che seguiva l’andamento delle brusche acque del fiume. Questa imbarcazione non era però la semplice casa accogliente di quel pescatore, ma qualcosa di più. Infatti, appena la sfiorai mi catapultai quasi come per magia in un mondo così strano e particolare da apparir surreale.
Mi guardai intorno e preso dalla situazione e dal panico più totale urlai: “Dov’è che sono? Cos’è tutto questo caldo?”
“Ehi Gabriele stai tranquillo, non ti agitare, dammi il tempo di spiegarti”
“Per prima cosa, tu chi sei? Come fai a sapere il mio nome?”
L’uomo, irriconoscibile ai miei occhi, era colui che pochi secondi prima aveva attirato la mia attenzione e proprio con la sua aria tranquilla e pacata rispose: “Mi chiamo Acarno e sono il custode di questo mondo, conosciuto da te come Marte, ma definito "IL PURGATORIO DELL’UNIVERSO".
Settecento anni fa, tutti i pianeti della galassia, hanno deciso e contribuito alla realizzazione di una fortezza nel centro del Pianeta Rosso, con lo scopo di far convogliare all’interno di esso tutti i peccatori dell’Universo per fargli espiare le loro colpe. Ora, però, se ho stuzzicato la tua attenzione, seguimi e scoprirai tutto quanto.”
Incuriosito da tutto ciò, senza dire una parola, al fianco della mia nuova guida mi addentrai in un tunnel così buio quanto freddo.
Passo dopo passo, la temperatura saliva, la luce si faceva sempre più viva e dentro di me l’emozione cresceva.
Dopo un lungo e stancante camminare, alla vista di un grande e imponente cancello di ferro chiesi: “E qui cosa succede? Cosa c’è qui dietro? Mi devo preoccupare?”
“Caro amico, aspetta e vedrai, tempo al tempo.”
Dette tali parole, le porte si spalancarono e lui riprese: “Questa è la famigerata entrata del cosiddetto Purgatorio dell’Universo. Fai attenzione, però, a non confonderti, qui non arrivano le anime come tu giustamente immagini, ma tutti quegli individui provenienti dai vari pianeti che devono espiare e scontare la loro pena per poi potersi integrare nuovamente nelle loro comunità.
Quella che in questo momento vedi di fronte a te è la struttura in cui avviene tutto ciò. Ha la forma di un cilindro che attraversa Marte, ed è diviso in sette livelli collegati tra di loro da un enorme e incandescente fornace che funge da ascensore. All’interno di esso gli individui nel momento del passaggio da un piano all’altro bruciano le loro pene alimentando quello che voi umani, proprio per questo, conoscete come “il Pianeta Rosso”.”
La spiegazione di Acarno fu così tanto coinvolgente e appassionante che quasi senza rendermene conto mi ritrovai nel settimo ed ultimo livello. Qui l’atmosfera era veramente molto leggiadra e spensierata, in quanto le persone e tutti i vari esseri ormai giunte fin lì erano privi di tutti quei peccati e di quelle colpe che fino a quel momento avevano reso la loro esistenza molto turbata.
Vedevo la gioia nei loro occhi nel momento in cui si accingevano a tornare sui loro pianeti d’origine, vedevo anche la loro voglia di riniziare e di riassaporare la loro vita. Solo in quel momento e grazie a quella magnifica esperienza ed insolita avventura compresi che questo viaggio che noi tutti siamo chiamati a compiere, anche se tortuoso e pieno di difficoltà e sfide da superare, è unico e preziosissimo.
E proprio con questo pensiero che mi girava per la testa e con la stessa facilità con cui ero entrato nell’Universo mi ritrovai nella piccola e accogliente barchetta sulle acque ormai docili e splendenti di quel mio tanto amato fiume.
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