IL MIO INFERNO
Tutto è iniziato nel giorno del mio tredicesimo compleanno.
In quel periodo della mia non avevo tanti amici, e allora decisi che prendere un cane pensai che sarebbe stata un idea per colmare quel vuoto all’interno del mio cuore. Era una cagnolina di piccola taglia un cavalier king marrone a macchie bianche di nome Artemisia ma io la chiamavo solo Misa alla quale non mi separavo mai, anzi per farmelo addirittura portare a scuola dissi che era il mio cane da compagnia Tutti ci credettero ovviamente, anche perché avendo appena affrontato il tuo lutto era facile da credere, ma ovviamente era una bugia, certo tu mi manchi ma non ho bisogno di un cane che ti sostituisca .Comunque tornando a noi era il mio tredicesimo compleanno e festeggiando il compleanno il trentuno di luglio decisi di andare a festeggiarlo in campagna con i miei genitori, avrei preferito stare da sola ma non si può lasciare una minorenne da sola in una casa sperduta nelle campagne dove nemmeno c’è campo per chiamare in caso di emergenza. Verso la mezzanotte del trenta luglio decisi di fare una passeggiata per salire su una piccola collina in un bosco dove io avevo trovato il punto esatto da dove si vedeva un panorama così spettacolare che potevi quasi vedere il mare lontano chilometri da dove ero io , e vedere l’alba da li ma non avevo ancora idea di cosa avrei trovato sul mio cammino per arrivare alla cima. Ero ormai a metà strada quando in lontananza vidi sei occhi rossi brillanti fissi su di me,io rimasi fissa immobile terrorizzata mentre Misa iniziò a correre verso la figura e la figura verso di lei. Era un cane a tre teste enorme per me ragazzina di dodici anni,sarà stato alto quattro cinque metri non di più che anche per un adulto non era piccolo ma la mia mente lo fece alto più di dieci metri. Quando ripresi il controllo del mio corpo acciuffai Misa dal collare me la strinsi al petto e iniziai a correre il più in fretta possibile verso casa,ma la figura iniziò anch’essa a correre. Sentivo sempre più vicino il suo fiato pesante sul mio collo finché non mi apparve davanti capì cos’ere, era il demone cerbero, il cane a tre teste che fa da guardiano alle porte degli inferi. Lo scoprii però solo dopo mesi chi fosse quel demone, quando studiai l’inferno Dantesco nella Divina Commedia.
Fu l’inizio di un susseguirsi di visioni notturne ma mai più ne vidi uno vero in carne ed ossa, ovviamente ti starai chiedendo se l’ho detto a mamma e papà, naturalmente no, non sono come quelle bambine che dicono ai genitori di aver visto un cane enorme a tre teste nel bosco di notte, perché sicuramente si sarebbero preoccupati più del fatto che ero nel bosco del fatto che avevo visto un demone, così decisi di non dirlo. Come ho già detto avevo delle visioni notturne, ovvero la notte quando chiudevo gli occhi vedevo dei passaggi di ciò che vedeva Dante nel suo cammino nell’inferno. Facevo questi sogni ogni notte ma in un giorno particolare, la sera prima del il mio compleanno avevo delle visioni più realistiche e violente di tutte le altre. Mi ricordo ancora due delle visioni più terribili che feci e anche un’altra ma vagamente rispetto alle altre perché fu molto più leggera, ma una delle due più dure mi portò alla cecità totale. Furono per fortuna in giorni diversi e anni diversi, esattamente due anni e tre mesi, la cosa mi spaventò perché erano gli anni che ci passavamo io e te ma pensai che fosse solo una strana coincidenza.
La sera del trenta luglio del mio quattordicesimo compleanno a mezza notte sognai la prima visione più realistica di tutte le altre in passato. Ho ancora il ricordo stampato nella mia mente, è il demone Caronte traghettatore di anime del mondo dei morti che mi tira dai capelli tirandomi fuori dalla sua barca perché non possiedo un obolo, una monetina per pagarlo, chi invece non pagava l’obolo era condannato a vagabondare in eterno sulla riva del fiume infernale. Quando mi svegliai mi accorsi che avevo un obolo sulla bocca.
La sera del trentuno luglio del mio quindicesimo compleanno all’una sognai il racconto di Francesca e Paolo. Ricordo loro volare quasi liberi legati assieme. La loro storia quando studiai Dante mi appassionò tantissimo, questo amore seppur tragico mi affascina, loro si amano ma Francesca ha già il matrimonio combinato con il fratello di Paolo, Gianciotto, che quando scoprì che erano innamorati preso dall’ira e dalla gelosia li uccise entrambi. All’epoca di Dante l’adulterio era considerato un peccato gravissimo, ma anche l’assassinio. Ma di questo sogno rispetto a gli altri a malincuore ho un vago ricordo. Quando mi svegliai da questo sogno avevo un anello al dito con un incisione dentro che diceva: “ Sarai mia un giorno. Paolo”
Quella più terribile che feci che poi mi portò alla cecità totale la fu la sera del trentuno luglio del mio diciottesimo compleanno. Devi sapere che io all’età di sedici anni me ne andai da casa di mamma a papà e mi trasferii in un’altra casa vicino al mare, era abbastanza lontana da casa dei miei genitori, ci volevano tre ore in treno, io adoravo quella casa perché era tutta mia, comprata con i miei soldi guadagnati con fatica lavorando come cameriera, si era un lavoro molto banale ma cos'altro potevo fare in fondo, già era tanto se mi avevano assunta. Va bene mi sono distratta un attimo dalla storia dicevo, quella visione me la ricordo benissimo, anche perché è successo solo due anni fa. Questa visione fu diversa da tutte le altre perché rispetto al solito vedevo i fatti come uno spettatore esterno in questa invece ero il demone stesso. Ancora non avevo capito chi fossi ma sapevo di non essere nel mio corpo. Ero al centro di un lago ghiacciato da un vento gelido che proveniva da dietro, mi accorsi anche del fatto che vedevo da tre diverse prospettive e avevo qualcosa in bocca, non sapevo cosa ma la continuavo a masticare con gusto. Il vento che veniva da dietro era strano io non lo percepivo alla schiena come se lo producessi io, decisi di girarmi per vedere da dove venissi e vidi l’orrore avevo delle enormi ali da pipistrello che continuavo a sbattere producendo quel gelato vento e guardandomi nel riflesso di quel lago ghiacciato vidi che avevo tre facce e stavo masticando delle persone capii subito chi ero.
Ero il Lucifero descritto da Dante nella Divina Commedia e quelle persone che stavo mangiando erano i traditori dei benefattori. Ad un certo punto mentre mi guardavo intorno vidi il mio corpo giacente per terra completamente smembrato delle viscere e vicino a c’eri tu che piangevi e ripetevi una frase in un’altra lingua che mi entrò in testa come se sapessi cosa significasse. Mi svegliai di soprassalto avevo quell’immagine orribile nella mente, non la potevo sopportare, andai in cucina e presi due forchette e me le conficcai negli occhi e li strappai via pensando che senza occhi non avrei avuto più visione, ovviamente non è accaduto, poi mi curai da sola e dissi ai miei genitori che una fuoriuscita di gas li aveva danneggiati fino a scioglierli mentre io dormivo nel pieno della notte, non dovevano sapere la macabra verità, non gli serviva.
Sono orami anni che cerco di capire in che lingua tu stessi dicendo questa frase: “ти си крив ако си мртав, не можеш кривити друге за своје недаћ’’e dopo lunghe ricerca scoprii che era una frase nella lingua serba e il suo significato è :“ E’ colpa tua se sei morta non puoi incolpare gli altri delle tue disgrazie’’ ma non sono ancora venuta a capo di tutta la storia ho ancora tante domande come perché usare il serbo? Poi tu non ha mai studiato il serbo e poi perché usare te e non qualcun altro? Ma purtroppo non ho nessuna risposta a tutte queste domande e le devo trovare e le visione stanno aumentando ancora di più a volte le ho anche il giorno mi immobilizzo e rimango ferma per una decina di minuti a guardare il vuoto se mi guardi dall’esterno. Ma a parte queste tutte sventure la mia vita va avanti ho un lavoro bellissimo e ho preso un pesciolino rosso perché tu ne hai sempre voluto uno e l’ho chiamato come te caro fratello mio Samael.
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