di Tommaso
Dante nel suo viaggio nell’ Inferno incontra Ulisse che, imprigionato in una fiamma, gli racconta quello che è successo a Itaca.
“Caro Dante, tu conosci bene le mie lunghe fatiche per tornare in patria, ma non sai tutto… la mia sete di conoscenza mi ha portato a morire lontano dalla mia casa. Nonostante l’amore per la mia famiglia e la mia Terra ho viaggiato fino alla fine dei miei giorni. Anche se nella mia vita ho sempre dimostrato di avere a cuore la sorte delle persone a me care, ora mi ritrovo a bruciare come fiamma e ad essere punito per la mia astuzia. Se vuoi soddisfare la tua curiosità sulla fine dei miei giorni devi portarmi con te fino al Purgatorio, così anch’io potrò seguirti in questo viaggio nell’ Oltretomba e vedere ridotta la mia pena”.
Dante si consulta con Virgilio e decidono di accettare questo patto perché Ulisse ha già attraversato l’Ade e conosce molto bene sia i pericoli che le strade più sicure.
Ulisse inizia la sua storia: “Dopo che ebbi ristabilito la pace a Itaca, decisi di ripartire verso le colonne d’Ercole e tutti pensano che io sia morto in quell’impresa, ma in realtà le correnti mi hanno portato verso le terre del Nord. Qui ammirai una luce che illuminava la notte e la chiamai AURORA DEL NORD. Poi i miei compagni furono uccisi in mare da un Kraken e io mi ritrovai in una terra fredda e bianca, che sembrava deserta.
Stavo quasi morendo assiderato, quando venni salvato da un popolo il cui nome era quello di eschimesi.
Rimasi con loro per tre anni, imparando la loro lingua e le loro tradizioni.
In questo territorio c’erano numerose montagne, ma la più alta di tutte era la Death Mountain, nessuno l’aveva mai scalata e io volevo essere il primo. Partii per l’ennesima avventura, che si rivelò fatale, infatti quando arrivai in cima vidi un paesaggio meraviglioso, ma inaspettatamente un vento forte mi fece perdere l’equilibrio e scivolai in un burrone”.
A quelle parole la fiamma di Ulisse si era fatta più debole, sembrava commossa.
Dante e Virgilio sono rimasti in silenzio fino a quel momento e il maestro dice: “Sei stato condannato per la tua sete di conoscenza, ma ora hai una seconda possibilità per raggiunger il Purgatorio. Sequere nos!”.
I tre superano le rimanenti bolge dell’Inferno, il pozzo dei Giganti, dove Ulisse si ferma a ripensare al suo scontro con Polifemo: quel tremendo gigante da un occhio solo che mangiò senza pietà i suoi compagni, ma che alla fine rimase accecato, ricevendo così la sua pena.
Poi arrivano al nono cerchio dove trovano i traditori della patria, Ulisse di fronte a questi dannati comincia a ricordare l’amata Itaca con queste parole:
“LA PATRIA DEVE ESSERE NEL CUORE DI OGNI UOMO
E’ LA TERRA IN CUI CRESCIAMO
E’ IL PAESAGGIO FAMILIARE CHE PORTI NEI RICORDI QUANDO SEI LONTANO
E’ L’INSIEME DELLE NOSTRE TRADIZIONI CHE CI RENDE CIO’ CHE SIAMO
E’ IL NOSTRO PUNTO DI RIFERIMENTO, LA NOSTRA GUIDA E LA NOSTRA META.
LA PATRIA DEVE ESSERE SEMPRE PROTETTA E DIFESA PERCHE’ E’ LA CASA DI TUTTI I NOSTRI FRATELLI E SORELLE”.
A quelle parole Dante ripensa con nostalgia a Firenze, la sua amata città, e Virgilio chiude gli occhi ricordando la grandiosità dell’Impero Romano.
Dopo questi momenti di silenzio i tre riprendono il viaggio, non resta che oltrepassare Lucifero.
Ulisse ha un piano: concentrandosi farà aumentare la potenza della sua fiamma in modo da riuscire a nascondere dietro i suoi due amici.
Il piano funziona perché Lucifero è circondato dalle fiamme e non si accorge del loro passaggio, ma i tre non dimenticheranno mai il suo aspetto: la testa era nera, con gli occhi rossi come le fiamme che lo circondavano espressione di tutta la sua malvagità, aveva due grandi corna affilate e delle enormi ali da pipistrello, mangiava le anime dannate e si sentivano le loro urla di dolore, uno spettacolo raccapricciante.
Finalmente i tre compagni di viaggio possono arrivare alla montagna del Purgatorio, rivedono il cielo stellato e l’aria è fresa, tutto dà una nuova speranza ai tre viaggiatori.
Improvvisamente Ulisse da fiamma riprende le sue sembianze umane, aveva di nuovo le gambe per camminare e le braccia forti, ma soprattutto il suo cuore non era più dannato.
Ulisse è talmente felice che non trova le parole, ma stringe in un abbraccio Dante e Virgilio: ora ha una seconda occasione.
Una volta passata la porta di ingresso, i tre si trovano davanti una strana scena: ci sono molte persone che camminano trasportando sulla schiena enormi macigni.
Virgilio spiega ai suoi amici che quelle persone sono i superbi e trasportano proprio questo peso, ma aggiunge queste parole: “Caro Ulisse, adesso il tuo viaggio è terminato, non puoi andare oltre perché durante la tua vita hai peccato di superbia, ti sei creduto troppe volte superiore agli altri per intelligenza, astuzia, ingegno”.
Ulisse annuisce, ma non è triste e saluta i suoi compagni di viaggio dicendo:” Hai ragione, ma sono contento di scontare la mia pena con la speranza di poter arrivare al Paradiso, Yassas!”.
Ulisse si dirige a prendere il suo macigno e si mette in fila con le altre anime.
Dante lo guarda con tristezza perché le loro strade si sarebbero separate, ma forse non per sempre.
Il viaggio di Dante e Virgilio è ancora lungo.
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