Dentro i boschi, lungo i sentieri, lungo distese di pinete e abeti che coprivano l’intera zona, con le foglie dorate che cadevano colorando il morbido terreno, passava il Dio dagli occhi azzurro cielo e dai capelli color sole. Egli vagava disperatamente per cercare di trovare la sua ninfa, la sua amata, la sua Dafne. Fino a quando non riuscì a trovarla, quando però i loro occhi si incontrarono la ninfa scappò impaurita.
<<Tornate indietro! Vi imploro! Io Dio delle arti, delle profezie, portatore di luce e verità, vi supplico di tornare indietro! Voi siete mia! Il mio cuore vi appartiene! Nulla mi separerà da voi!>>Quelle grida, quelle dichiarazioni, turbavano la mente di Dafne, le parole di Apollo continuavano a vagare nell’aria, come fossero delle cantilene. Dafne cercava di correre più veloce, ma i lunghi capelli sfuggirono dalla benda che li legava e si avvolsero alle sue gambe, rallentandola. Le sue vesti si impigliarono ai rami dei vari cespugli, il suo cuore prese a battere così forte che le parve di soffocare. Apollo sentiva il suo respiro affannoso farsi sempre più forte, sempre più vicino, a poco egli l’avrebbe raggiunta e avuta per sempre.
La ninfa era stremata e in preda alla disperazione, decise bene di rivolgersi al padre, il dio fluviale Peneo.
<<Padre salvami! Aiuto!>> urlava con voce acuta e rotta la ninfa.Apollo riuscì ad avvolgere le mani sul corpo di ella, rassicurandola e continuando a recitare dichiarazioni d’amore. Ben presto, tra le mani di Apollo, il morbido corpo di Dafne si irrigidì, le sue gambe sembravano come essersi attaccate al suolo, erano immobili, come anche il resto del suo corpo. Il dio tentava di capire ciò che le stava accadendo, ma in quel preciso momento, dalle dita della fanciulla spuntarono foglie e rami e pian piano dalle gambe al busto la avvolse una corteccia. Solo il viso era scoperto, rigato da calde lacrime che scendevano sulle gote.
<<Oh Dafne>> le dita tremolanti del giovane stringevano, quella che era, la vita della ninfa.
Ormai per il dio non c’era più alcuna speranza, la voce della sua amata non si sentiva più, Dafne si era trasformata in un leggiadro e forte albero. I singhiozzi di Apollo non cessavano, cercava lo sguardo di Dafne incontrare il suo, ma non fu così, ormai lei non c’era più.
Apollo sapeva che da un amore impossibile poteva solo nascere rabbia e confusione, in lui nuovi sentimenti stavano avendo la meglio su altri. Si sentiva disorientato e sconvolto, in preda all’ira decise quindi di scappare via, non sapeva dove le sue gambe lo stavano dirigendo, talmente era addolorato che non si accorse dove fosse arrivato.
Si ritrovò di fronte ad una radura piena di spine e difficile da attraversare, Apollo tentò di cercare la luce e un modo per uscire da quel bizzarro e preoccupante luogo, si stropicciò più volte gli occhi e invano tentava di andare via, ma senza risultati. Con la mano tentava di spostare le foglie che oscuravano la sua prospettiva visiva, molte volte però le sue vesti rimanevano impigliate ai forti rami, le spine graffiavano le dita affusolate e bianche e il capo si chinava per proteggere le pupille dai ramoscelli che cadevano. Il dio non sapeva come mai il fato lo aveva portato in tale posto, non sapeva neppure come sarebbe uscito dalla radura selvaggia e oppositrice. Il solo clamore che udiva era il suo stesso respiro, il cuore che accelerava ad ogni movimento che egli compiva ed infine il suo sguardo smarrito e disorientato che gridava “aiuto”. La paura ormai possedeva l’elegante animo del raffinato e aggraziato Apollo.
Egli riuscì a prevalere sulle forti emozioni, aprì deciso gli occhi ed essi incontrarono il tramontar del sole, simile al fuoco che arde ribelle sulla legna. Prima che qualche altro sentimento potesse trattenerlo, avanzò verso quella luce brillante che illuminava le spalle di un colle. Allora diminuì un poco la paura che era durata all’interno del suo cuore per tutta quella notte che egli trascorse con tanta pena. Apollo si diresse feroce verso la sommità del colle, lì avrebbe ritrovato la via della salvezza, avrebbe finalmente ritrovato se stesso e i valori che aveva perso. Prima che potesse avvicinarsi di più, si voltò indietro a guardare la terribile foresta, il groviglio di alberi e di rami e i pericoli che era riuscito a superare. Lo spavento, però, tardava a passare del tutto, e la stanchezza si faceva sentire dopo l’intensa avventura. Apollo era stravolto e esausto, allo stesso tempo era così impaziente da raggiungere la sua meta, così riprese, con fare determinato, il suo cammino. Iniziò dunque a risalire il fianco del colle per arrivare alla cima, la sua mente vagheggiava su quali potessero essere le meraviglie che i suoi occhi, a breve, avrebbero ammirato. Sicuramente il paesaggio era mozzafiato da lassù e sarebbe riuscito a vedere gli alberi avvolti in quell’atmosfera e le loro ombre che appoggiavano le loro teste nei cespugli, in alto era probabilmente presente un calmo cielo azzurro candido, coperto dalle sporgenti chiome degli alberi. In mezzo ai fusti alti e snelli una fitta luce penetrava dal sole nascente…
<<Perché mi volti le spalle Apollo?>> Apollo si girò immediatamente appena udì quella voce amica e conosciuta vibrargli nelle orecchie.
<<Clio? Mia amata musa! Non capireste se vi dicessi che sono stato vittima di una insolita avventura>> la musa appena udì quelle parole, con un solo sguardo terrificò il dio.
<<Mio dio, io musa della storia vi ordino di ritornare in voi! Non è più tempo di cantare e festeggiare, voi siete perso senza di me! Voi non siete, nè mai sarete più, la mia guida!>> Clio era furiosa, Apollo se non poteva aiutare se stesso, non poteva di certo aiutare le muse, loro appartenevano a lui e lui non era nulla senza di loro. La musa continuò a gridare, facendo scappare Apollo dalla paura. Egli appena la seminò urtò contro qualcosa…
<<Perché mi volti le spalle Apollo?>> altri occhi infuriati incontrarono quelli disperati del dio.
<<Melpomene? Mia amata musa! Vi imploro>>
<<Nessuno osa parlare sopra alla musa della tragedia e della potenza! Neanche il glorioso Apollo!>> Apollo questa volta scappò impaurito prima che la musa potesse dire altro. La confusione nella testa del dio era pari alla confusione esterna, le muse facevano parte di lui. Ben presto Apollo udì una terza voce, stavolta ancora più forte e squillante nominare quell’illustre frase…
<<Perché mi volti le spalle Apollo? Temi forse la bella Erato? Non sono forse io la causa di ciò che ti è accaduto? L’amore? Se è così…affrontami!>> Apollo continuò a indietreggiare, cercò invano di non sentire le voci delle tre muse continuando a premere violentemente le fredde mani sulle orecchie, ma le urla e le risate erano continuamente impresse nella sua mente e le parole erano sempre più confuse dentro di essa. Si sentiva in trappola dovunque cercasse di trovare serenità. Mentre era ricacciato a forza in basso, una figura apparve ai suoi occhi che per tutto il tempo era restata in un lungo silenzio.
<<Pietà di me! Chiunque tu sia…cosa cercate?>>urlava disperato Apollo, accovacciato e con la testa poggiata sulle ginocchia tremolanti, facendo cadere le ciocche dorate sulle gambe.
<<Apollo…>>risuonò la forte voce delusa.
<<Non riconosci il padre degli dei?! Voglio tuttavia essere benevolo e guidarti sulla giusta strada…Apollo alzati!>>Apollo obbedì, lo sguardo perso del giovane incontrò, con fatica, quello freddo del Padre. Prima che il dio delle arti potesse proferir parola, il potente Zeus alto e muscoloso cacciò le tre muse impaurite dal suo aspetto, che sempre incuteva rispetto e timore a chiunque lo guardava.
<<Penso e comprendo che sia meglio che tu mi segua e io ti sia guida, portandoti da qui sino agli uomini. Ascolterai le urla senza speranza e le grida sofferenti di costoro che non hanno i tuoi valori, perché la paura e la debolezza non è del nostro mondo! Ti guiderò fin ove ogni cosa è tramontata. >>spiegò il dio dai capelli ribelli e dalla lunga barba bianca, simbolo di saggezza e di lunga vita.
Apollo si torturava entrambe le mani, seguendo a passo spedito il capo dell’Olimpo e di tutti gli dei, che lo avrebbe portato incontro ad un itinerario diverso se voleva uscire da quel luogo oscuro e inconsueto.
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